
Chiunque si sia trovato a fare i conti con la malattia, propria o altrui, si è posto tale domanda. Uno studio condotto in Tanzania, la rilancia con forza: voi che cosa ne pensate? Scrivetemi
Un'indagine di Ruggiero Corcella
Quanto è importante l’assistenza spirituale nelle cure palliative? Penso che chiunque abbia avuto un’esperienza di malattia, non necessariamente terminale, abbia provato a rispondere a questa domanda. Uno studio pubblicato su Bmj Supportive & Palliative Care rilancia la questione in un Paese africano, la Tanzania.
Ma, come sottolinea Sonia Nada Edward Sokoine (l’autrice), «sebbene questo studio si concentri sulla Tanzania, la necessità di assistenza spirituale in contesti palliativi è una questione globale. Ricerche provenienti da Stati Uniti, Regno Unito e Asia confermano che la fede gioca un ruolo universale nelle cure di fine vita. Il rafforzamento dei servizi di assistenza spirituale in tutto il mondo può migliorare l’assistenza olistica e la dignità del paziente».
Spiritualità e religione sono sinonimi?
Prima di entrare nel merito dell’articolo, vale la pena di provare a rispondere ad un’altra domanda: «Qual è la relazione tra spiritualità e religione?».
Mentre la maggior parte degli studi in materia ha riportato che la parola «spiritualità» implica sia ideologie religiose che secolari, la relazione tra spiritualità e religione rimane ancora poco chiara a causa della natura comunitaria/collettiva della religione e della natura individualizzata/soggettiva della spiritualità
Le Linee guida
Secondo le Linee guida per le cure palliative di qualità del National Consensus Project (NCP), quarta edizione, «la spiritualità è definita come un aspetto dinamico e intrinseco dell’umanità attraverso il quale gli individui cercano il significato ultimo, lo scopo e la trascendenza, e sperimentano la relazione con sé stessi, la famiglia, gli altri, la comunità, la società, la natura e ciò che è significativo o sacro». Le linee guida NCP sottolineano anche che «il riferimento all’assistenza spirituale si riferisce a bisogni religiosi e/o esistenziali a seconda del contesto».
La spiritualità, quindi, è un termine ampio e potrebbe essere intesa come implicante religione/religiosità; tuttavia, una persona potrebbe essere spirituale senza essere religiosa, viceversa o potrebbe non essere spirituale così come religiosa.
Le 11 dimensioni della spiritualità
I ricercatori hanno condotto analisi approfondite di diversi studi di ricerca incentrati sulla spiritualità alla fine della vita. In queste analisi sono state individuate diverse componenti (tra cui fede/religione) alla base del concetto di spiritualità. Sulla base di una revisione completa di 71 studi, sono state individuate 11 dimensioni della spiritualità alla fine della vita: (1) significato e scopo della vita, (2) autotrascendenza, (3) trascendenza con un essere superiore, (4) sentimenti di comunione e reciprocità, (5) credenze e fede, (6) speranza, (7) atteggiamento verso la morte, (8) apprezzamento della vita, (9) riflessione sui valori fondamentali, (10) la natura evolutiva della spiritualità e (11) il suo aspetto cosciente.
Lo studio
Ciò premesso, veniamo allo studio, svolto all’ Ocean Road Cancer Institute (ORCI) in Tanzania che ha esplorato l’impatto delle pratiche religiose sulla qualità della vita dei pazienti in cure palliative. I risultati evidenziano l’importanza di integrare l’assistenza spirituale strutturata nella pratica clinica per migliorare il benessere del paziente.
Sono stati coinvolti150 pazienti ricoverati in cure palliative presso l’ORCI, uno dei principali centri di cura del cancro in Tanzania. Il 63,3% delle persone coinvolte sono donne e l’82% adulti di età compresa tra 25 e 65 anni. La maggioranza si è identificata come cristiana (52%) o musulmana (40%). La maggior parte dei partecipanti aveva un’istruzione primaria (51,3%), con l’agricoltura (48,7%) e le piccole imprese (30%) come occupazioni più comuni. I dati sono stati raccolti tra il 7 e il 23 ottobre 2024 con un approccio misto, che includeva sondaggi e interviste con i pazienti, per valutare i loro bisogni e le loro esperienze spirituali.
I risultati
Lo studio ha rivelato che il 90% dei pazienti ha espresso un forte bisogno di sostegno religioso e la preghiera è stata la pratica più comune. I pazienti che hanno svolto attività religiose hanno riferito di provare un maggiore senso di benessere nonostante la loro condizione. Il cristianesimo e l’Islam erano le fedi dominanti tra i partecipanti, ma i bisogni spirituali variavano, evidenziando la necessità di un supporto spirituale personalizzato. Nonostante l’elevata richiesta di assistenza spirituale, l’accesso alla guida religiosa era limitato, il che evidenziava il divario nel supporto olistico ai pazienti.
Le implicazioni pratiche
Secondo l’autrice, per colmare il divario tra bisogni spirituali e servizi di cure palliative, le istituzioni sanitarie dovrebbero: «Formalizzare le politiche di assistenza spirituale: gli ospedali dovrebbero integrare il supporto religioso nei piani di assistenza ai pazienti. Migliorare i servizi di cappellania: impiegare personale qualificato per l’assistenza spirituale, in grado di offrire un supporto strutturato. Formare gli operatori sanitari: includere moduli sull’assistenza spirituale nei programmi di studio di medicina e infermieristica. Incoraggiare la collaborazione interdisciplinare: integrare cappellani, consulenti e leader religiosi nei team di cure palliative. Sviluppare approcci incentrati sul paziente: fornire soluzioni religiose personalizzate in base alle preferenze del paziente.
Che ne pensate? Mi piacerebbe davvero conoscere la vostra idea di spiritualità/religione e sapere qual è stata la vostra esperienza in materia di assistenza spirituale del malato. Scrivetemi.